venerdì 8 giugno 2012

un uomo, le sue mani, il suo vino.... "Luteraia"




Ed eccomi tornato, il cyber viaggio di ritorno dalla Spagna è stato lunghino e pieno di soste e riposini ma....
 
poco tempo fà ho avuto il piacere di conoscere un personaggio dell' enologia toscana di Montepulciano, Sergio Paolini, titolare dell' azienda Luteraia.
A pelle mi è piaciuto subito, ho trovato una certa sintonia, amante delle sue terre e del suo prodotto, ne parla come se fossero suoi figli, dalle sue parole trasuda il suo amore ed una frase mi è rimasta impressa: "io mi prendo solo un merito, quello di saper assecondare principi e regole della natura..."!
Una chiacchiera tira l' altra e partendo da una conversazione puramente tecnica senza neanche renderci conto ci troviamo a fare discorsi quasi filosofici, parlare con Sergio è un piacere ed il tempo passa senza che ce ne rendiamo conto.
Sergio Paolini, Luteraia
L' azienda si trova ad Acquaviva di Montepulciano; il nome deriva da Luteus, fango giallo per i Latini, che subentrarono agli etruschi nella storia di queste terre.

I vigneti sono ubicati su pendii a circa 250 metri slm, su di una collina  che molto dolcemente arriva a misurare fino a 600 metri slm; la conformità dei terreni e l' ampiezza della collina stessa permette alle piante di godere di tutto il sole necessario.
Il fondo è quello tipico della zona, unico nel suo genere, composto da una miscela preziosa di argilla e tufo con sedimenti di scheletro fine, che dona ricchezze minerali alle piante e che caratterizza il colore giallastro tipico delle zone, definito "Bottaio" in gergo chianino; i vigneti sono contornati di noci, alberi che piantò il nonno di Sergio, uomo lungimirante che capì le proprietà benefiche che questa pianta poteva apportare alla vigna, dato che produce "metabisolfito di potassio", che possiede azioni antiossidanti, conservanti e antisettiche.

La produzione di Luteraia, in continua crescita, lenta e regolare, è di un solo vino e viene etichettato sia IGT Toscana che Vino Nobile di Montepulciano DOCG (la più antica e importante denominazione della Toscana).
Oggigiorno la fama e l' importanza della DOCG Brunello di Montalcino ha messo un pò in secondo piano quella di Montepulciano, anche se credo che non solo di fama si debba parlare; durante gli ultimi due decenni probabilmente i produttori di queste zone si son lasciati cullare dal comune denomintore dell' importanza che portava il nome Montepulciano stesso, con conseguente dimenticanza della ricerca della qualità a favore della ricerca del portafogli, motivo per cui oggi solo poche aziende, come Luteraia, si trovano a fare un doppio lavoro: creare grande qualità e riscattare il buon nome.

La vinificzione delle uve, leggermente appassite in vigna, avviene nel modo più naturale possibile, in vasche di acciaio ed in percentuali ben stabilite tra loro; la fermentazione viene svolta con due rimontaggi del cappello al giorno, unico metodo attuato per controllare che la temperatura non si innalzi esageratamente, e 4-5 volte durante l' intero arco della fermentazione viene effettuata una manovra detta pratica del "delestage", che consiste nello svuotare i fermentatori dell' intera quantità di mosto,
lasciandovi solo la vinaccia onde consentire ad entrambe le masse separate anche e più che altro un raffreddamento naturale, per poi rimescolare dopo circa un'ora di "divorzio".

 Al momento della svinatura il mosto fiore non viene separato dalla spremitura preservandone tutta la qualità aromatica che fa diventare questo mosto "Luteraia". Successivamente la massa passa nei tonneau di rovere (botti da 500 o 550 litri di capacità), rigorosamente esausti di tannini, scelta volta alla corretta traspirazione del vino senza che venga mediata dai sentori che il legno nuovo potrebbe donare e allo stesso tempo cercando di valorizzare i profumi che può esprimere il territorio. In questi contenitori vi rimane un anno dopodichè viene imbottigliato e lasciato per i successivi due anni a riposare in cantina, prima di essere immesso in commercio.
  
Le uve che lo compongono sono: 
  • Sangiovese: Prugnolo Gentile, in quantità generose, è caratterizzato da un acino medio-piccolo, concentrato di estratti e aromi, e con buccia pruinosa, sottile e di colore nero-blu, donando al vino un colore rubino chiaro, tannini morbidi ed eleganti e buona armonia al palato (fine del 1700);
  • Mammolo: il suo acino si presenta con buccia spessa, pruinosa e di colore violaceo, questo cultivar apporta una buona carica di antociani (anchesso molto antico, risale alla fine del 1700);
  • Canaiolo: cultivar molto antico, i primi scritti risalgono addirittura al 1350, è un' uva dalla scarsa vigoria, con acini molto scuri, quasi neri, incorre in molti vini toscani in quanto dona corpo e struttura, e quando l' età della vigna non è ormai più giovane tende ad esprimersi con grandissimo equilibrio ed eleganza, regalando gradevoli sorprese;
  • Malvasia Bianca Aromatica: quella piccola percentuale regala delle belle sensazioni, con note di profumi freschi e dona morbidezza.

Dopo tanto parlare siamo arrivati al tanto aspettato e agoniato assaggio....
di colore rosso rubino tendente al granato, segno di una giusta evoluzione, quando lo si avvicina al naso è un esplosione di profumi, dalla violetta, al lampone, al muschio e sopratturtto ai frutti di bosco, fino alle note speziate di pepe, secondo me il bianco, e chiodo di garofano e leggeri accenni di cannella. In bocca si esprime con un' eleganza rara, secco, austero, con tannini molto vellutati che carezzano il palato e persistente, molto persistente.
Io lo abbinerei ad una pasta fresca al cinghiale, in stile toscano, con una generosa untuosità, oppure ad un umido di colombacci...

Che altro dire se non       "CIN CIN...."






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